Fucino, dall’alba nei campi per 2,50 euro l’ora
Due euro e cinquanta l’ora, per una giornata di lavoro di 12-14 ore. Pochi contributi e, per i più “fortunati”, la prospettiva di incassare un terzo dello stipendio dichiarato, pur di ambire alla disoccupazione. Col sole d’estate che costringe ad andare nei campi a notte fonda, o col freddo-umido di questo periodo. Le condizioni del braccianti del Fucino restano particolarmente delicate, in uno scenario in cui molti stranieri sono ostaggio di aziende che si comportano al limite della legalità. La fotografia tracciata dall’interrogazione parlamentare presentata dall’onorevole Gianni Melilla (Sinistra ecologia e libertà), resta sempre la stessa.
«Non possiamo dire che tutte le aziende agiscono contro la legge», sottolinea Marcello Pagliaroli, segretario generale della Flai Cgil. «Certo è che in vari casi, i lavoratori si mettono in tasca un terzo dello stipendio: 400-500 euro a fronte di un salario agricolo dichiarato che corrisponde a circa 1.100». Si tratta di un ricatto tacito che arriva anche a stare bene ai lavoratori «in quanto se non altro, anche se non vengono corrisposte, le giornate dichiarate in busta paga permettono ai lavoratori di arrivare a prendere la disoccupazione agricola».
Nei mesi invernali, meno produttivi per il settore, queste misure previdenziali sono importanti. Sciolti i contratti in molti rimangono senza lavoro fino a primavera. Chi può riparte, anche se spesso si è costretti a restare proprio in attesa della disoccupazione che risulta in ritardo in centinaia di casi. «Molti lavoratori sono costretti a restare per rinegoziare la propria situazione lavorativa», aggiunge Pagliaroli, «anche perché non tutti riescono a raggiungere facilmente le fatidiche 102 giornate che fanno scattare gli ammortizzatori sociali». Sono oltre 2mila le aziende agricole del territorio dove sono impiegati 9.500 braccianti. Mesi fa, un dossier dell’osservatorio “Placido Rizzotto” ha delineato degli aspetti oscuri tra i rapporti lavorativi. Gli abusi non vengono denunciati quasi mai, anche perché chi parla rischia di restare senza lavoro. E anche i sindacati hanno le loro difficoltà a comunicare con i lavoratori. Il pericolo è anche legato ai prezzi imposti nell’export. Da alcune inchieste è emerso che proprio dalla Marsica partirebbero delle insalate e degli altri ortaggi destinati ai mercati del nord Europa con un costo triplicato. Un viaggio nel quale a prevalere non sarebbe la legge del mercato ma quella della malavita che impone prezzi e regole.