La paura, lo stigma e la cura: confronto sulla salute mentale
C’è un filo sottile che unisce la fiaba e la clinica, il cinema e le corsie. La Bella e la Bestia e Hannibal Lecter, nello stesso discorso. Nessuna provocazione, solo l’intenzione di mettere a nudo uno dei riflessi più radicati dello stigma psichiatrico: la paura. Sul grande schermo, la professione di psichiatra di Hannibal viene esasperata rispetto quanto avviene nel romanzo di Thomas Harris dove il personaggio è presentato come ex medico, specializzato in chirurgia e con competenze in psichiatria e medicina interna. Un passaggio minimo, ma significativo, che rivela come la società tenda a proiettare la propria inquietudine proprio su chi si occupa della mente. A ricordarlo, durante la Giornata mondiale della salute mentale, è Paolo Stratta, direttore della Uoc Psichiatria Adulti dell’Asl 1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila.
Dati, riflessioni e testimonianze hanno scandito la giornata al Centro di salute mentale e al Centro diurno psichiatrico dell’Aquila, nell’arco dell’Open Day promosso dall’Asl 1. Un’occasione per discutere di stigma, inclusione, recovery e inserimento lavorativo, temi al centro di una mattinata di confronto e di un pomeriggio aperto alla cittadinanza.
Nel suo intervento, Stratta ha richiamato la fiaba di La Bella e la Bestia: è Gaston, figura di potere e di consenso sociale, a far rinchiudere Maurice, il padre di Belle, accusandolo di essere pazzo per screditarlo. Un esempio di come l’etichetta della follia venga spesso usata per escludere chi non si conforma.
L’analisi ha approfondito il concetto di recovery, inteso come raggiungimento di un certo grado di qualità della vita nonostante la presenza della malattia. L’approccio centrato sulla recovery sposta il focus dalla guarigione alla possibilità di condurre una vita dignitosa, valorizzando la partecipazione attiva del paziente e la collaborazione con l’équipe curante.
Il tema dello stigma ha attraversato l’intera giornata trovando eco anche nell’attualità: nei fatti di cronaca, nel linguaggio dei media, nelle semplificazioni che ancora oggi associano la sofferenza psichica alla pericolosità. La riflessione di fondo spinge a distinguere tra disagio e devianza, a usare parole che curano invece di ferire, a riconoscere che il pregiudizio può essere parte del problema tanto quanto la malattia. Combattere lo stigma, hanno ricordato gli operatori, significa restituire spazio alla comprensione, alla solidarietà e alla possibilità di una convivenza autentica con la fragilità.
Di fatto, la felicità resta un obiettivo possibile anche in presenza di disturbi psichiatrici. Di fatto, lo stato di salute o di malattia non coincide automaticamente con il livello di felicità di una persona, poiché quest’ultima è fortemente influenzata da fattori psicosociali. Tra questi, assumono un ruolo decisivo l’ottimismo, la resilienza e la capacità di gestire lo stress. Tali competenze non sono innate ma possono essere apprese, insegnate e modificate nel tempo, aprendo la strada a percorsi di benessere.
Nella sessione dedicata a salute mentale e lavoro, è stato ricordato il pensiero di Freud (1929): “Lavorare e amare sono i fondamenti della civiltà umana”. L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità psichica rappresenta così un passaggio cruciale nel percorso di recovery. Il modello bio-psico-sociale sottolinea che la salute mentale non è solo un dato clinico, ma il risultato di relazioni, appartenenza e partecipazione.
Dalle ricerche emerge un quadro chiaro: i disturbi psichici sono associati ai più alti tassi di disoccupazione fra tutte le disabilità, con percentuali comprese tra il 70% e il 90% (Fonte OMS). Gli adulti con disturbi mentali presentano una probabilità da tre a cinque volte superiore di restare senza lavoro rispetto alla popolazione generale (National Alliance on Mental Illness, 2019). E nonostante i progressi farmacologici, la disoccupazione tra i pazienti con patologie psichiche maggiori resta sostanzialmente invariata (Fioritti e Berardi, 2017).
In questo senso, il lavoro diventa luogo di inclusione e riconoscimento, coerente con un approccio realmente centrato sulla persona e sulla sua dignità. Ma i limiti non mancano: tempi lunghi dei percorsi di training, rischio di cronicizzazione, scarsa integrazione con il mercato ordinario, difficoltà di reperire luoghi di impiego e di superare lo stigma sociale.
Su questi fronti si inserisce il progetto “Abruzzo Include 2”, finanziato dal Fondo Sociale Europeo Plus 2021-2027, che punta a contrastare povertà ed esclusione sociale, offrendo percorsi di inserimento lavorativo per persone con fragilità psichiche. A parlarne è stata Valentina Salvatore, tecnico della riabilitazione psichiatrica, mentre Stefano De Cataldo si è concentrato sull’approccio psichiatrico e psicoterapeutico in situazioni di emergenza come pandemie, guerre e tragedie come i terremoti.
Il pomeriggio si è aperto con l’Open Day: cittadini, operatori e utenti hanno scoperto (o riscoperto) insieme gli spazi del Centro di salute mentale e del Centro diurno, tra i “luoghi dell’inclusione”: porte aperte del punto espositivo, l’orto botanico, i laboratori di manualità e creatività, nati per favorire la socialità e l’autonomia. Poi è arrivato il momento di “Musica e parole”, il laboratorio curato da Stefano Ventruto, musicoterapeuta e tecnico della riabilitazione psichiatrica e psicosociale. I partecipanti si sono ritrovati insieme sulle note di Lucio Battisti, Vasco Rossi, Francesco Guccini, Edoardo Bennato e Radiohead ad accompagnare un percorso di musicoterapia di gruppo ispirato al metodo Music Hospital. Tra una canzone e una lettura, hanno trovato spazio emozioni, memorie, segni di come la musica riesca a ricucire i frammenti del quotidiano.






In contemporanea, l’Unità operativa Trip – Trattamenti riabilitativi e interventi precoci in salute mentale – a direzione universitaria all’ospedale San Salvatore dell’Aquila, guidata dalla professoressa Rita Roncone, ha partecipato con una postazione al centro commerciale L’Aquilone, dove sono stati offerti test e colloqui gratuiti. L’iniziativa ha fatto parte dell’H-Open Day “Bollini Rosa” promosso dalla Fondazione Onda e ha avuto l’obiettivo di sensibilizzare le donne sull’importanza della diagnosi precoce e sul superamento dello stigma legato ai disturbi psicologici.
L’iniziativa ha ricevuto il sostegno dell’Università degli Studi dell’Aquila, in particolare del Dipartimento MeSVA diretto dalla professoressa Anna Maria Cimini, del Corso di laurea in Tecnica della riabilitazione psichiatrica, dell’Associazione Rocco Pollice Onlus, del Rotary Club L’Aquila e dell’Associazione Ucraina 24 febbraio. Gli studenti del corso di laurea in Tecnica della riabilitazione psichiatrica, guidato dalla stessa professoressa Roncone e con la dottoressa Donatella Ussorio responsabile delle attività didattiche professionalizzanti, hanno collaborato attivamente nei colloqui e nelle valutazioni.
Gli incontri hanno approfondito temi legati ad ansia, depressione e solitudine. Ha preso parte anche l’équipe del Servizio di ascolto e consultazione per studenti (Sacs) dell’Università dell’Aquila, nell’ambito del progetto Proben MeMO. Da annotare, nel pomeriggio, presentazioni interattive sul tema “Accesso ai servizi: salute mentale nelle catastrofi e nelle emergenze” e c’è stata un’esibizione musicale degli studenti di Musicoterapia del Conservatorio “Casella”.
