Prof detenuto in Albania, gli appelli dal carcere
È detenuto da agosto in un carcere albanese il professor Michele D’Angelo, 44 anni, docente di biologia all’Università dell’Aquila, dopo un incidente stradale avvenuto nei pressi di Tirana. La conferma della notizia, anticipata questa mattina dal quotidiano il Centro, è arrivata dal rettore dell’Ateneo Fabio Graziosi.
Secondo quanto ricostruito l’uomo, alla guida di una Lancia Ypsilon, sarebbe stato centrato da un altro veicolo alla cui guida c’era un albanese. Il professore, peraltro, stava viaggiando a non più di 40 chilometri orari, mentre l’altra vettura procedeva a velocità più elevata. Nonostante questo, D’Angelo è stato accusato di violazione delle norme sulla circolazione e di abbandono di veicolo, poiché si sarebbe allontanato dall’auto subito dopo l’impatto. Un comportamento che i suoi difensori considerano un gesto istintivo e non un tentativo di fuga. Da quel momento il docente, volto noto nella comunità accademica, è rinchiuso in carcere in attesa di giudizio.
In attesa di novità sul caso, l’Università dell’Aquila ha espresso mobilitazione. “Stiamo facendo il possibile – ha commentato il rettore eletto Fabio Graziosi – per chiedere la liberazione del docente e per ridurre la pressione psicologica delle persone coinvolte”. Anche diversi rappresentanti istituzionali hanno espresso preoccupazione. Tra questi, il senatore Luciano D’Alfonso, che l’11 settembre ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri per sollecitare la massima cooperazione con le autorità albanesi e chiarire la dinamica dell’incidente.
Ambasciata segue caso connazionale detenuto in Albania
L’Ambasciata d’Italia a Tirana e il Consolato Generale a Valona “seguono con la massima attenzione” il caso di Michele D’Angelo, docente di Biologia dell’Università dell’Aquila detenuto da agosto in un carcere albanese. Lo riferisce la Farnesina, che sta “mantenendo costanti contatti con i connazionali, effettuando visite in carcere e fornendo ogni necessaria assistenza consolare”. Michele D’Angelo e la compagna sono stati coinvolti in un incidente d’auto in Albania l’8 agosto 2025, si ricorda. Il giorno successivo i connazionali sono stati fermati dalla polizia e il solo signor D’Angelo, accusato di omissione di soccorso, è stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. Il procedimento a suo carico è attualmente in corso.
L’appello dal carcere
“Sto vivendo questi giorni con un senso profondo di gratitudine verso chi mi sta supportando, sostenendo e dando voce a quanto accaduto, affinché si possa fare chiarezza”. Sono le parole di Michele D’Angelo, docente universitario dell’Aquila, in un messaggio diffuso da sua moglie Vanessa Castelli che oggi gli ha fatto visita nel carcere albanese di Fier, dove si trova da circa 50 giorni in custodia cautelare a seguito di un incidente stradale avvenuto l’8 agosto. “Non posso nascondere quanto la misura della custodia cautelare in carcere sia, a mio avviso, eccessiva – scrive -.
È una condizione estremamente dura, resa ancora più difficile dal fatto che mi trovo lontano da casa, in un Paese la cui lingua non conosco. Considerando la mia condotta, la mia storia personale e professionale, e l’esistenza di modalità alternative che potrebbero garantire il rispetto delle procedure senza compromettere ulteriormente la mia salute e il mio equilibrio psicologico, spero davvero che questa riflessione possa essere accolta con attenzione”. Il professore, attraverso sua moglie, ribadisce comunque la sua fiducia nelle istituzioni locali: “Confido nel lavoro delle autorità albanesi e nella loro capacità di valutare ogni elemento con imparzialità”.
Al centro del messaggio, l’appoggio di tante persone: “Il sostegno che sto ricevendo da Vanessa, dai colleghi, dagli studenti, dalle istituzioni è ciò che mi aiuta a non crollare. È la mia ancora. Ogni parola che arriva da fuori, ogni gesto, ogni segnale di attenzione è come una finestra che si apre. Vanessa mi tiene informato, mi racconta ciò che accade, mi trasmette la forza di chi non ha mai smesso di credere nella possibilità che i fatti vengano letti con equilibrio”. D’Angelo chiude con un richiamo alla necessità di proporzione: “E io, da qui, continuo a vivere questi giorni con disciplina, con pazienza e con la speranza che questa attenzione possa trasformarsi in chiarezza.
Non cerco compassione, ma verità. Non cerco privilegi, ma proporzione”.
