Rischia il carcere per aver aiutato dei precari
E’ fissata a mercoledì 19 aprile l’udienza in Cassazione del processo che ha portato alla condanna a otto mesi di reclusione a carico di Giulio Petrilli per abuso d’ufficio, ultimo atto di una sfortunata quanto paradossale vicenda giudiziaria. I fatti risalgono al periodo tra il 2006 e il 2008, quando Petrilli era presidente dell’Aret (Azienda regionale edilizia e territorio). Nel mirino della magistratura la regolarizzazione della posizione lavorativa di cinque dipendenti, all’epoca part-time e poi assunti a pieno titolo. Una disposizione su cui è stata avviata un’inchiesta giudiziaria scaturita poi in una condanna senza condizionale. In altre parole, Petrilli, che ha già alle spalle un difficilissimo periodo di carcere duro per “banda armata” – negli anni Ottanta – rischia di tornare nuovamente in manette.
Una storia che potrebbe aver scritto Kafka in persona: Petrilli, ora difeso dall’avvocato Francesco Camerini, uscì innocente dopo cinque anni e otto mesi. Il capo di accusa a suo carico, tra l’altro, prevedeva anche la detenzione nelle carceri speciali e sotto regime articolo 90, ancora più duro dell’attuale 41 bis. Nonostante l’assoluzione definitiva, nel 1989, Petrilli non è mai riuscito a ottenere risarcimenti per quello che si rivelò un grande errore giudiziario. Sono celebri le sue battaglie contro il regime del carcere duro.
Petrilli, in passato, è stato anche segretario provinciale del Prc L’Aqula e responsabile locale del Pd per la Giustizia. «Ad aprile ci sarà questa importante discussione in Cassazione», commenta l’ex presidente dell’Ater, che quando era in carica riuscì anche a siglare un nuovo contratto con il direttore dell’ente, riducendone il compenso da 110mila euro annui a 39mila, con conseguente risparmio dei soldi pubblici. «Si tratta di una vicenda unica nel panorama giudiziario: un ex dirigente che rischia il carcere per aver spinto il suo ente a fare azioni concrete contro il precariato. Mi auguro di ottenere giustizia, se non altro è importante che la discussione avverrà in udienza pubblica e e ciò permetterà una valutazione più completa».
Prosegue, intanto, la petizione online lanciata dal farmacista e musicista Piergiovanni Battibocca, per chiedere la grazia di Petrilli. Tra le adesioni di solidarietà anche quella del colonnello di Pietro Biagio Di Censo che negli anni Ottanta lavorava nel reparto antiterrorismo dove era detenuto.