Cara piccola città
Cara piccola città,
avevo pensato di dedicarti delle pagine bianche ma poi, guardando bene in soffitta, ho trovato delle parole da dirti ora. Cara piccola città, per un po’ di tempo non ci rivedremo io e te, per un po’ di tempo non poserò il mio culo sulle tue panchine, né respirerò la tua aria fredda.
Non starò via molto, non sentirai la mia mancanza come io non sentirò la tua. In fondo, cara mia piccola città, “mia” non sei mai stata al 100%. Sai, ho sempre cercato altrove le mie cose, forse ho sbagliato in questo, ma credo che in futuro avrò tutto il tempo di rimediare.
Adesso no, adesso sento che devo muovermi da te, non ce la faccio a stare qui. Del resto lo sai anche tu, quando mi metto in testa una cosa nessuno mi fa cambiare idea. È che per il momento non mi sento tanto bravo a sedermi sui tuoi leoni di pietra, devo imparare ancora qualcosa, mi sono veramente rotto di prendere sberle in faccia solo perché gli altri sono più veloci.
Uscirò fuori ancora, cercando porte, finestre, blocks, grattacieli, strettoie, mani/bocche/gambe/occhi, segnali one way, palchi, parchi, affinché un giorno ti possa guardare come sei. Perché la mia sola colpa è che non ti ho mai guardata come sei.
Non ho molto da rimproverarmi e forse non ho molto da rimproverarti, e potrei salutarti così adesso. Tuttavia mi dispiace fingere che è tutto ok tra me e te. C’è infatti una cosa che mi sta sullo stomaco da tanto tempo: cara piccola città, vorrei sapere come cazzo riesci a farmi sentire in colpa tutte le volte che provo ad amarti.
Un cittadino come tanti
l’aquila, maggio ’99 (Swanseabound)