26 Agosto 2015 Condividi

L’Aquila, e la visita di Renzi divise padre e figlio (test)

L’AQUILA. Un pomeriggio impegnativo per entrambi. Il primo è stato centrato da un uovo – e quello poco male – ma ha schivato un sampietrino solo per puro caso. L’altro è stato colpito al braccio da una manganellata e si è dovuto sottoporre a una lastra di controllo. Giovanni e Mattia Lolli. Padre e figlio. Entrambi portatori sani delle istanze a sostegno della ricostruzione aquilana, eppure talvolta antagonisti, specie quando, come è successo martedì, è la visita di Matteo Renzi a fare da spartiacque. Il suo megafono ha accompagnato il corteo dalla Fontana Luminosa fino alla Villa Comunale dove per pochi minuti ha incrociato suo padre. Da una parte della barricata papà Giovanni, vicepresidente della Regione ed esponente di spicco del Partito democratico. Dall’altra Mattia, una delle figure carismatiche del comitato cittadino “3e32”, movimento da sempre critico nei confronti del presidente del Consiglio, così come lo è nei confronti di «un modo di fare politica che mette in secondo piano le esigenze dei reali dei cittadini, per favorire altre logiche legate ai poteri forti e agli affari di pochi». In mezzo c’è una città che quasi stenta a credere di dover assistere a tensioni e scontri a margine di una visita lampo del premier. Una visita da molti attesa, quale testimonianza di una maggiore attenzione da parte del governo, mentre da altri giudicata «un’ennesima inutile passerella».

GIOVANNI LOLLI. Si è trovato a schivare un sampietrino e ha rimediato un uovo. Tutto questo, solo per far parte della delegazione che ha accolto Matteo Renzi all’Aquila. «E’ stata una giornata concitata e abbiamo visto dei momenti particolarmente delicati. Da un fronte di protesta che rivendicava delle idee condivisibili si è passati a tutt’altro. La situazione è sfuggita di mano e abbiamo avuto dei forti momenti di tensione. Un conto è prendere un uovo e quello ci sta tutto, ma un sasso avrebbe potuto fare dei grossi danni».

Come giudica il corteo che ha manifestato all’Aquila, glielo chiedo anche in termini di opportunità politica.

«Le proteste e le contestazioni sono alla base della democrazia. Detto questo, mi rendo conto che a fronte di un gruppo piuttosto esiguo di aquilani, c’erano molti esponenti di comitati abruzzesi contro il petrolio sulle coste e contro il gasdotto. Tutto giusto, tutto condivisibile. Io stesso mi sono fatto portavoce di quanti contestano il progetto di Ombrina Mare e sono pronto ad attivarmi per far partire un quesito referendario. Il problema è un altro».

Quale?

«Molti di loro giravano per le strade con lo slogan “Renzi fuori dall’Abruzzo”. Questo non è accettabile. Noi abbiamo fatto di tutto per avere il premier in città e parlare di ricostruzione. Abbiamo atteso un anno per la sua visita istituzionale. Per noi era importante poterci confrontare faccia a faccia con il presidente del Consiglio e già perdere l’opportunità di avere un incontro a porte chiuse a palazzo Fibbioni è stato un problema. Hai tutto il diritto di venire qui a dire quello che vuoi, ma non impedire alla mia città di chiedere garanzie sulla ricostruzione. Questa è la partita che tutti noi vogliamo portare avanti. Avremmo voluto fare una passeggiata con Renzi nel centro storico per fargli toccare con mano la dimensione del problema. Non è stato possibile. C’è un tempo per contestare e c’è un tempo per sedersi col governo e trovare soluzioni insieme. Io sono stato spesso critico con gli esecutivi passati, ma anche a costo di apparire impopolare, mi sono trovato ad applaudire alcune scelte fatte da Berlusconi, ad esempio, come quella di portare il G8 all’Aquila, facendo sì che tutti i grandi della Terra si rendessero conto della nostra tragedia».

Trovare dall’altra parte della barricata suo figlio l’ha imbarazzata?

«Per quanto possiamo essere distanti in alcune nostre posizioni, io sono orgoglioso di avere un figlio impegnato politicamente e non un ignavo»

MATTIA LOLLI. Il suo megafono ha accompagnato il corteo dalla Fontana Luminosa fino alla Villa Comunale dove per pochi minuti ha incrociato suo padre. Perché avete manifestato contro premier?

«Abbiamo voluto prendere le distanze da questa nuova passerella sopra il nostro territorio, soprattutto da parte di un governo che ha dimostrato chiaramente di voler anteporre gli interessi dei grandi poteri finanziari ed economici a quelli delle comunità. All’Aquila, la ricostruzione ha favorito solo una piccola fascia della popolazione e di fatto, in Abruzzo sono state fatte scelte dannose per il territorio e tali da costringere molti giovani ad andare via perché non c’è lavoro e non ci sono opportunità. Basta vedere il caso di Ombrina, ad esempio. Tutto questo attiene a un modello sbagliato che Renzi incarna completamente, per questo motivo siamo scesi a protestare».

In molti hanno giudicato fuori luogo la scelta di un corteo, portatore di istanze così disaggregate e magari poco attinenti con L’Aquila?

«In centro c’erano un bel po’ di aquilani, invece. Dai giovani dell’Unione degli studenti, ai docenti precari, ai comitati contro il gasdotto e contro la realizzazione delle centrali biomasse. Altro che Teramo calcio. È normale poi che anche chi manifesta contro la petrolizzazione abbia il diritto di manifestare contro il governo. Del resto, dall’epoca delle carriole in poi, abbiamo fatto di tutto per rappresentare il terremoto dell’Aquila come una questione nazionale. Perché allora dire di no ai movimenti no triv?».

Molti giudicano le proteste un ostacolo al dialogo con Renzi.

«Dichiarazioni che arrivano, tra l’altro, anche dalla senatrice Stefania Pezzopane, che in qualche modo mi sorprendono. Il Pd si scaglia contro i manifestanti con le stesse parole che dicevano gli esponenti locali di Forza Italia a proposito di chi manifestava contro Berlusconi. Pezzopane compresa. Mi chiedo se questa gente allora non cercasse solo visibilità politica».

E gli scontri?

«Erano molti anni che all’Aquila non si vedeva una manganellata. Io sono stato colpito, gratuitamente. Noi chiedevamo solo la possibilità di dire la nostra al premier, pacificamente. Ce lo hanno impedito, lo hanno impedito alla

città, facendolo entrare da una porta secondaria e questo ha creato solo nervosismo».

Il fatto di trovarsi dall’altra parte della barricata rispetto a suo padre è fonte di imbarazzo?

«Sappiamo di avere idee diverse, ma tra noi c’è grande stima e rispetto».