23 Luglio 2014 Condividi

Gaza: Pearl Jam, cover di Imagine di John Lennon contro la guerra

Eddie Vedder non è esattamente uno che le mandi a dire, né che tantomeno uno che sappia tenere la lingua al proprio posto quando ha l’urgenza di parlare -e ben venga-. In occasione del concerto dello scorso 18 Luglio in Portogallo, a Meco, il cantante dei Pearl Jam ha voluto chiarire al meglio la propria posizione in merito alla guerra nella striscia di Gaza che sta uccidendo moltissime persone, per la maggior parte palestinesi, già espressa con veemenza nel corso del precedente concerto dell’11 Luglio a Milton Keynes, in Inghilterra.

Il discorso accorato di Vedder, per quanto non direttamente riferibile al conflitto, ha ricevuto le critiche negative di diversi media dell’area interessata come The Jerusalem Post, che ha bollato le parole del cantante dei Pearl Jam come “anti-israeliane”, e come quelle del dj radiofonico Ben Red, che pure si era profuso in campagne via social per portare i Pearl Jam a suonare in Israele.

Eddie Vedder deve essersi stufato di fare da bilancino e ha reagito postando sul sito internet dei Pearl Jam un lungo messaggio nel quale ha espresso chiaramente la sua posizione, utilizzando frasi di Imagine di John Lennon quale chiarimento ulteriore (trovate la traduzione del messaggio di Eddie Vedder contro la guerra poco più sotto).

Nel concerto del 18 Luglio, una settimana dopo il fattaccio, ha optato per esprimersi tramite quello che gli riesce meglio: la musica. A Meco, in Portogallo, il cantante dei Pearl Jam ha introdotto l’esibizione in solo spiegando di aver scelto di eseguire la cover di Imagine di John Lennon perché

Credo che sia la canzone più potente di sempre, e per questo non l’ho mai suonata. Mi sembra che forse ci sia una ragione per suonarla adesso.

Eddie Vedder, messaggio contro la guerra: traduzione

Pensa un po’ – sono ancora contro la guerra.

Molti di noi hanno sentito John Lennon cantare
“puoi dire che sono un sognatore ma non sono l’unico”

E alcuni di noi, dopo l’ennesima dose mattutina di news piene di morte e distruzione, sentono la necessità di cercare qualcuno per vedere se non siamo soli nel nostro sdegno. Con almeno una dozzina di conflitti in corso che appaiono ogni giorno nelle notizie, e con le storie che diventano sempre più terrificanti, il livello di tristezza diventa ingestibile. Cosa diventa il nostro pianeta quando la tristezza si trasforma in apatia? Perché ci sentiamo senza aiuto. E giriamo la testa e giriamo la pagina.

Attualmente, sono pieno di speranza. Che la speranza sbocci dalla moltitudine di persone per cui la nostra band ha avito la fortuna di suonare sera dopo sera qui in Europa. Vedere le bandiere di nazioni differenti, e avere queste folle enormi che si radunano in pace e gioia è l’ispirazione migliore per le parole che sento la necessità empatica di pronunciare. Quanto cerchiamo di lanciare un appello per la pace nel mondo durante un concerto rock, stiamo esprimendo i sentimenti di tutti coloro che sono entrati in contatto con noi, in modo da poterci comprendere al meglio.

Non è qualcosa che smetterò di fare presto. Chiamatemi naif, ma preferisco essere naif, sincero e speranzoso che non dire nulla per paura di incomprensioni o punizioni.

La maggior parte degli uomini su questo pianeta è più consumata dalla ricerca di amore, salute, famiglia, cibo e benessere che da ogni tipo di guerra.

La guerra fa male. Fa male e non importa su quale lato cadano le bombe.

Con tutte le conquiste globali nella moderna tecnologia, comunicazione avanzata e sistemi di informazione che decodificano il genoma umano, i rover vanno su Marte eccetera… dobbiamo davvero rassegnarci alla realtà devastante che un conflitto sarà risolto con bombe, omicidi e atti di barbarie?

Siamo una specie importante, in grado di creare bellezza, capaci di progressi maestosi. Dobbiamo essere in grado di risolvere conflitti senza spargimento di sangue.

Non so come conciliare l’arcobaleno pacifico delle bandiere che vediamo ogni sera ai nostri concerti con le notizie quotidiane di conflitti globali e delle loro orribili conseguenze. Non so come affrontare questa sensazione di colpa e complicità quando sento delle morti di famiglie di civili per colpa dell’attacco di un drone statunitense. Ma so che non possiamo far sì che la stanchezza si trasformi in apatia. E so che siamo molto meglio quando apriamo un dialogo con gli altri.

“Spero che un giorno ti unirai a noi”
Non ascolterete quel che ha detto quest’uomo
-Eddie

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