3 Luglio 2014 Condividi

Come fanno i cinesi a farci mangiare con pochi euro…

 RagazzaCineseBicchiere

Empori, negozi di oggettistica e gadget, abbigliamento e prodotti per la casa, centri massaggi e ristoranti. Anche in Abruzzo la presenza dei cinesi è legata alle loro attività economiche. Possiedono immobili, che acquistano o affittano a scopi commerciali, portando avanti iniziative su più fronti. Ma come fanno i cinesi a tenere i prezzi così bassi? Come fanno a starci dentro con i costi? Le risposte non sono così scontate, lo dimostra questa esperienza che abbiamo fatto all’interno di alcuni tra i servizi più tipici del loro panorama low cost: la cucina e la parrucchieria. Per quanto riguarda la ristorazione, abbiamo fatto riferimento a Shanghai, uno tra i ristoranti cinesi più conosciuti della riviera pescarese, celebre per la “pagoda” che si affaccia sul lungomare, in mezzo agli stabilimenti balneari compresi tra la Nave di Cascella e il Ponte del mare, molto frequentato la sera, anche solo per una birra, tanto che talvolta alla porta d’ingresso trovi la security.

IL PREZZO CIVETTA. È il menu base a 6.90 euro (antipasto – primo – secondo – frutta o gelato) ad attirare la nostra curiosità, ma per avere indicazioni più precise sul rapporto qualità prezzo, abbiamo deciso di affidarci a chi di qualità se ne intende. Lorenzo Pace e Andrea Di Felice, rispettivamente presidente provinciale e regionale dell’associazione cuochi. Pur non avendo tanta dimestichezza con questa sorta di “Sanlitun” abruzzese, sanno benissimo come interpretare la scelta di questo o quell’ingrediente, sia nell’economia di un prezzo civetta, sia nella necessità di valorizzare un sapore o una spezia. Capiamo subito che il prezzo base non è comprensivo di bevande, mentre resta il mistero sul coperto. È Pace, rappresentante dei cuochi pescaresi, il primo a dare un’occhiata ai tavoli apparecchiati. Domina il bianco, stile matrimonio, anche sulle sedie. Il tutto avrebbe anche una parvenza di eleganza, così bene inserito in un locale a tema, con tanto di leoni di pietra, porte in legno e punto luce sull’Adriatico. Però la nostra tovaglia è sporca e, in un lato anche strappata. Difetti malcelati dal coprimacchia.

LA SCELTA. I menu sono indicati in una pagina del libretto nero appoggiato sul tavolo, scritto in cinese, inglese e Italiano. Se si prende un menu fisso si può anche scegliere una combinazione a 9,90 (bevande sempre escluse), con portate più quotate. Col prezzo base, la selezione è ridotta a due-tre possibilità. C’è da elencare tutto e subito, frutta e gelato compresi. Il cameriere fa capire che ha fretta, anche se la sala ad ora di pranzo non è particolarmente piena. Vorrebbe ridere, ma le labbra si fermano agli incisivi. D’altro canto, la cucina all’ombra della Grande Muraglia è l’ideale per persone abituate a far lavorare gli incisivi, come da abitudini orientali. «È proprio un concetto particolare, una filosofia diversa che parte dallo stare a tavola», spiega Di Felice. «Noi occidentali siamo abituati a guardare il cibo dall’alto al basso, secondo la prospettiva del tavolo. In Paesi come Cina, Giappone, Korea si tende invece a mangiare in ginocchio, o seduti sullo stesso piano delle portate. Questo cambia l’ottica», aggiunge. «Per questo si tende a preparare i cibi in piccoli pezzi, ad uso e consumo delle bacchette». Bacchette che però lasciamo sul tavolo, visto che per imparare a usarle ci vorrebbe un corso a parte. ANTIPASTI. Dal menu classico della cucina Wok le proposte sono quattro con portate piuttosto classiche, a partire dalle cosiddette nuvole di drago, quelle sfogliatine simpatiche e croccanti che somigliano così tanto a patatine fritte. Il retrogusto di gambero è dato dal “surimi”, un prodotto composto essenzialmente da polpa di merluzzo e carboidrati. «Con la crescita degli aperitivi», spiega Pace, «il surimi è largamente diffuso nelle nostre tavole». Le “nuvole” possono essere preparate al momento, ma si possono anche acquistare in confezioni già pronte. C’è da pensare che questo ristorante abbia optato per la seconda ipotesi. Secondo antipasto, altrettanto classico, gli involtini primavera. Siamo sempre nel campo del croccante, si tratta di croccanti involucri di pasta che racchiudono un gustoso ripieno di verdure e carne, insaporite da salsa di soia. Si può chiedere anche verdura mista fritta e, infine, Wanton. Oggetti non identificati che assomigliano nell’aspetto – e un po’ anche nel gusto – a frappe di carnevale. Sulla carta, il piatto che costa di più è la verdura (1,60), mentre involtini e nuvole non arrivano a 1,20 a persona.

I PRIMI. La partita si gioca sui primi, tra riso bianco, spaghetti di soia e riso con frittata e verdure che altro non è che riso alla cantonese senza prosciutto cotto. Si tratta di portate vendute singolarmente a 3,50 euro e, aggiungendo mezzo euro, le si può accompagnare con il pane.

I SECONDI. Con i secondi entriamo meglio nel regno del fritto e dell’agrodolce. «Sono espedienti ben conosciuti dalla nostra cucina», valuta Pace, «per utilizzare sulla tavola prodotti non proprio freschi. Quella agrodolce, in particolare è una tradizione le cui origini si perdono nel medioevo». Il fritto è largamente utilizzato in Oriente. Si frigge di tutto, per dare un gusto senza eccessi: anche le cavallette, una volta fritte ai bordi degli Hutong, i vicoli di Pechino, hanno un sapore credibile. I secondi inclusi nel menu a 6,90 vanno dal maiale in salsa agrodolce (4 euro sulla carta) al pollo (alle mandorle 4,50, alla piastra 4, all’ananas 4). Si arriva così al dolce e alla frutta. Se si chiede macedonia arriva al tavolo un misto tra lychee, rambutan, durian e altri frutti esotici. L’altra cameriera si presenta con del gelato (all’occorrenza si può chiedere anche quello fritto). L’alternativa è quella di un dolce di riso soffiato.

IL CONTO. Il totale per quattro persone è 38,10 euro, quasi 10 euro a testa. Al prezzo del menu fisso c’è da aggiungerci il coperto (1,50 a testa e l’acqua). Il prezzo finale è qualcosa che assomiglia al costo dei tanti self-service con cucina orientale, che promuovono la formula “all you can eat”. «Tutto sommato», spiegano Pace e Di Felice, i due cuochi, «l’offerta di questo ristorante rispecchia uno standard medio basso, dove per il ristoratore il costo del food è di 2-3 euro a persona. Una prerogativa non certo riservata alla cucina cinese. Il rapporto qualità prezzo è onesto per il consumatore e in linea con l’offerta da parte di molti altri locali».

di Fabio Iuliano – fonte il Centro