12 Febbraio 2014 Condividi

In treno dall'Abruzzo a Roma: vita da pendolari

ImmagineROMA. Fino a quando non provi sulle ossa cosa vuol dire trovarsi in mezzo alla folla che si fa strada tra i binari 1 e 2 Est della stazione Tiburtina, pensi che scene metropolitane di gente disposta a spingere e sgomitare pur di guadagnare qualche metro in avanti – con tanto di imbuto umano prima della scala mobile – siano riservate ai film di Fantozzi. «Go with the flow, segui la corrente», dico al ragazzo che mi sta a fianco, cercando un punto comodo per saltare sulla banchina mentre il vagone si svuota lentamente. Ci vogliono dai cinque ai dieci minuti per uscire dalla calca e tuffarsi – verbo giusto in caso di maltempo – sulle strade della capitale.            GUARDA IL WEB DOC

Ma questa è solo la parte finale di un viaggio iniziato più o meno due ore prima da Avezzano, sul treno dei pendolari. Studenti e dipendenti pubblici e privati che ogni giorno fanno quasi duecento chilometri, tra andata e ritorno, per raggiungere il posto di lavoro.

LA MAPPA INTERATTIVA

IL BIGLIETTO. Arrivo alla stazione senza biglietto per due motivi: primo, perché la sera prima, a ridosso delle 20, ho cercato invano di comprarlo alla stazione dell’Aquila, la mia città: ho trovato tutto chiuso, anche la porta dell’atrio dove ci sono le biglietterie automatiche; secondo, perché il sito di Trenitalia si blocca ogni trenta secondi e ho difficoltà persino a registrarmi come utente. La tratta Avezzano-Roma costa 6.70 euro a prescindere dalla stazione di arrivo, ma se sul biglietto hai scritto Tiburtina non puoi in teoria scendere a Termini. Quindi, scelgo di seguire le regole e monto sul treno delle 6.08 Avezzano-Tivoli-Tiburtina, così come suggerisce il monitor della macchinetta.

SIN CARROZZA. Monto a metà treno, ma mi sposto più avanti perché mi fanno capire che chi arriva fino a Roma tende a occupare le prime due carrozze, per avere un vantaggio seppur minimo sui pendolari che salgono dopo. «E poi», mette in chiaro Edoardo Di Felice, dipendente pubblico 46enne partito da Tagliacozzo, «i primi vagoni sono sempre quelli più caldi. Dietro non sai mai se accendono i riscaldamenti». Al sedile di fronte è seduta Monica Cervellini, insegnante di sostegno avezzanese che lavora a una scuola primaria di Guidonia, cittadina dell’hinterland capitolino che, frazioni comprese, supera gli 80mila abitanti. È da quelle parti che un bel gruppetto di marsicani ha trovato lavoro. Si conoscono quasi tutti e si chiamano per nome. Qualcuno dorme, altri si scambiano foto e messaggi su Whatsapp. Si scherza, anche, perché è l’unico modo di far passare il tempo. «Adesso, le cose vanno meglio ma a gennaio abbiamo avuto dieci giorni da incubo», spiega la giovane insegnante, «il guasto alla linea elettrica da Avezzano a Tivoli ci ha costretti a viaggiare in vetture diesel vecchie, fredde e maleodoranti, oltre a dipendere da coincidenze improbabili».

Questo significa che, anche se esci da lavoro a Roma alle 14, rischi di tornare a casa per ora di cena imparando a memoria stazione per stazione, da Arsoli a Bagni di Tivoli. Tutte cose che il signor Di Felice sa bene: per 18 anni ha fatto su e giù da un capo all’altro del binario. Per evitare di restare sui binari per interi pomeriggi, Antonio Sineri, 36 anni di Carsoli, raggiunge Mandela in autostrada ogni giorno. «È il mio “piano B”», commenta, «perché se è vero che di pedaggio pago quasi due euro a tratta, per fare soli 15 chilometri, è vero anche che da Mandela ho l’alternativa dell’autobus Cotral che mi porta sino a Ponte Mammolo».

ABBONAMENTI. E poi c’è il problema dei rincari. Da febbraio, l’abbonamento mensile da Avezzano a Roma Tiburtina non costa più 100 euro e 40 centesimi ma 102 euro e 60, mentre se si parte da Celano servono 109 euro e 80. I pendolari di Tagliacozzo pagano 92.40 mentre per quelli di Carsoli 68. «Si tratta di poco», spiega un gruppo di persone, una volta passato il confine col Lazio, «ma quello che ci fa rabbia è che siamo solo noi a pagare». Fino a quando il treno è nella Marsica, le verifiche dei controllori sono frequenti. Anche loro conoscono uno per uno i pendolari habituè, lo si vede dal modo in cui uno di loro scherza con Cristiano Faina, istruttore di tennis anche lui “di stanza” a Guidonia, un vero “animatore” di carrozza. «Però, dalle ultime stazioni in poi nessuno paga il biglietto», sottolinea Di Felice, «i vagoni sono talmente pieni che sono a prova di controllori. Quindi siamo noi a dover pagare i viaggi dei pendolari laziali, come del resto sono gli automobilisti abruzzesi a pagare le complanari romane. Il tutto, avviene tra il silenzio di una classe politica che pensa solo a farsi rimborsare le proprie seratine a spese dei contribuenti». Mi porto sull’esterno del vagone per salutare chi scende a Guidonia, ma vengo travolto da decine di persone che salgono: è l’inizio della bolgia; fino a Tiburtina non c’è più spazio neanche per appoggiare tutti e due i piedi.

INUTILI ANCHE GLI APPELLI AL MINISTRO LUPI. Più volte i pendolari marsicani hanno scritto al ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi per denunciare le difficili condizioni di viaggio sulla tratta. Il ministro, a dicembre, ha anche ricevuto una delegazione di rappresentanti istituzionali del territorio marsicano. In quell’occasione è stato chiesto di trasferire i treni provenienti dall’Abruzzo nella stazione di Roma Termini, stazione ritenuta molto più agevole rispetto a Tiburtina. Inoltre, è stato ribadito l’appello per il ripristino della tratta Avezzano-Roccasecca (nel Frusinate).

di Fabio Iuliano – Fonte