Sant’Elia, il PalaAngeli oltre il dramma del sisma aquilano
4 Novembre 2017 Condividi

Sant’Elia, il PalaAngeli oltre il dramma del sisma aquilano

Il libro delle regole del PalaAngeli, la struttura polivalente gestita dai sodalizi Minibasket L’Aquila e Nuovo Basket aquilano, ne ha in realtà una sola: “Rispetto” declinata attraverso tanti disegni colorati dai bambini che ogni giorno si alternano sotto i canestri. Una regola che attraversa l’impianto e trascende gli aspetti sportivi, facendo della struttura un punto di riferimento per la socialità del capoluogo, proprio a partire dal Progetto case di Sant’Elia 1, uno dei due quartieri antisismici realizzati a ridosso della frazione aquilana.

L’idea del PalaAngeli è nata nei primi mesi dopo il terremoto, quando la portata del tragico evento si è rivelata subito chiara e, con questa, la scomparsa in città di punti di aggregazione per i ragazzi. Di qui la scelta dei fratelli Roberto e Paolo Nardecchia di sviluppare il progetto, con l’aiuto di Betty Larocchia, veicolando le risorse di una fittissima rete di contatti in tutta Italia. La struttura è dedicata a tre angeli: Davide e Matteo, figli del dottor Massimo Cinque, ritrovati insieme alla moglie Daniela, senza vita, sotto le macerie; il terzo è Ezio Pace. Giocavano tutti e tre nella scuola del minibasket. Negli anni, si è sviluppato un nucleo di oltre duecento giovani e giovanissimi tesserati.

IMG_20171102_160540_resized_20171104_075826832AGGREGAZIONE. Non solo. La struttura, che si sviluppa su due piani, è diventata una vera e propria attrattiva per i ragazzi della zona, grazie a ludoteca, biblioteca, sala multimediale e hot spot wi-fi. «La regola resta sempre quella del rispetto», spiega Paolo Nardecchia, presidente Minibasket L’Aquila, «chi entra ha l’obbligo di farsi vedere dai coach a bordocampo e poi può salire su a fare quello che vuole». Rispetto che non prescinde da messaggi importanti come la tolleranza e l’intercultura. Così, tra graffiti e affreschi realizzati dall’organizzazione russa Maria’s Children, spicca un bell’arcobaleno che circonda la scritta “Against Racism Against War” posto accanto agli spogliatoi. Così, il PalaAngeli diventa un esperimento sociale che avvicina la struttura a qualcosa che vedresti bene in un campus americano.

IL QUARTIERE. Sant’Elia ospita due progetti Case. Il primo conta sette palazzine per un totale di 170 appartamenti ed è tra quelli posizionati meglio, sia per la vicinanza al centro storico, sebbene questo non sia più il centro vivo della città, sia per il bel panorama che si gode, con la vista sulla montagna di Roio e la collina di Pianola. Posizione altrettanto ottimale per Sant’Elia 2 che conta quattro palazzine per 96 appartamenti. Camminando da queste parti ci si imbatte in via Italo Acconcia, grande calciatore aquilano degli anni Quaranta, oppure in via Umberto Antonetti, dirigente del Coni, ma anche in via Natalino Mariani, indimenticato talent scout del rugby. Circa 600 le persone rimaste ad abitare (380 a Sant’Elia 1 e 220 a Sant’Elia 2). «Si vede che negli ultimi tempi c’è molta meno gente», assicura Antonello Cimini, che ha in gestione l’edicola della frazione dal 2009, «vendo molti meno quotidiani e questo non dipende certo dalla crisi dell’editoria».

IMG-20171102-WA0012Tra le criticità segnalate c’è l’erba alta in alcuni periodi dell’anno, non certo questo in cui risplendono i colori dell’autunno. Altro disagio è la difficoltà di spazio nel secondo complesso. Numerose, inoltre, le segnalazioni in merito alle varie perdite delle tubature dell’acqua, che creano vere e proprie pozzanghere nei garage e causano problemi al sistema di riscaldamento. Una problematica comunque affrontata nelle varie fasi di manutenzione ordinaria e straordinaria del complesso. Altre segnalazioni riguardano la presenza di pianterreni invasi da recinzioni di fortuna, in alcuni casi armadi e suppellettili, animali lasciati liberi. E poi sporcizia, cartacce negli androni.

LA FRAZIONE. La ricostruzione privata e pubblica di periferie e frazioni ha comunque permesso a varie famiglie di tornare ad abitare in zona e anche la chiesa parrocchiale è tornata ad essere un punto di riferimento e aggregazione. (continua/6)

di Fabio Iuliano – fonte: il Centro