Tricarico all’Aquila: «Canto emozioni e racconto sogni»
2 Ottobre 2017 Condividi

Tricarico all’Aquila: «Canto emozioni e racconto sogni»

«Come artista ho suonato per cinquantamila persone e ho suonato per cinquanta persone, e vi posso dire che è più difficile suonare davanti a cinquanta persone. Cinquantamila persone hanno un’unica identità, a differenza di cinquanta spettatori: ciascuno di loro è un mondo a sé». Nell’accettare il Nobel per la Letteratura, Bob Dylan si era trovato a far pronunciare questa sua considerazione ad Azita Raji, ambasciatrice statunitense in Svezia. Come per dire che talvolta i palchi più piccoli sono quelli più impegnativi. Perché quando suoni in ambienti da pochi metri quadrati, la gente è lì non solo per ascoltarti ma per farsi guardare negli occhi e, talvolta, contare i respiri. «Sono lì per te, perché hanno scelto di esserci», sottolinea Francesco Tricarico, che mercoledì 4 ottobre (ore 22.15) sarà all’Aquila per un concerto in un locale del centro storico, Fratelli – il Bacaro 2.0.

Chi vi assisterà vivrà esattamente una situazione intima di questo tipo, all’interno di un format ormai consolidato, un’idea dei fratelli titolari, Pierluigi e Gianluca Ferrini, che da tempo hanno abbinato un percorso culturale alle loro offerte gastronomiche. Uno spazio settimanale aperto a giovani musicisti, anche aquilani, che hanno voglia di esprimersi e crescere attraverso la musica. A loro, hanno deciso di accostare artisti del circuito nazionale, come Tricarico. Ne è passato di tempo da quando l’artista e cantautore milanese si presentava al grande pubblico con quel «Buongiorno buongiorno io sono Francesco». Quel bambino capace di inventare un mondo per riempire il vuoto di un padre andato via troppo presto. Una storia che un po’ ricorda quella di Eddie Vedder e dei Pearl Jam, un nome che ha a che vedere con l’essenza stessa della perla e con il processo naturale della sua creazione, che non è altro che quello di prendere escrementi e trasformarli in qualcosa di straordinariamente bello. «Basta lasciare agire un elemento esterno come la sabbia», spiega Tricarico, «e la magia ha inizio».

Tricarico, che tipo di spettacolo porterà all’Aquila?
Con me c’è Michele Fazio al piano, da mesi nel tour che accompagna l’ultimo album uscito lo scorso anno. Suoneremo le ultime uscite come Una cantante di musica leggera, Il motivetto, Stagioni, Ciao e Volo. Spazio anche a canzoni come Paradiso, Brillerà e Da chi non te lo aspetti che dà il titolo al progetto. E non mancheranno le canzoni di sempre, come Io sono Francesco.

Lei ha una scrittura piuttosto disomogenea, con arrangiamenti che aprono a contaminazioni varie. E questo aspetto lo si ritrova anche nell’ultimo lavoro, che comunque ha definito “Concept album”, nonostante riproponga delle versioni live di pezzi già usciti. Esiste quindi un filo conduttore?
Il filo che unisce ogni canzone è un’emozione, un’immaginazione, un’idea, un divertimento, un percorso per ritornare a sé stessi, per recuperare il proprio sogno, la propria armonia rispetto al mondo; ma, come per uscire da un labirinto, uscire dalla razionalità e dalla logica per tornare alla sorgente non sarà facile. Una via di uscita da cercare con una chiave di volta, ma ognuno di noi ha (ed è) questa chiave.

Lei è anche un artista grafico. Come si riflette questa sua capacità nell’atto di comporre canzoni?
Sicuramente un rapporto esiste, anche a livello inconscio, ma è tutt’altro che facile trovare le parole per spiegarlo. Di fatto, non importa se cantata o dipinta, ciò che conta è la condizione che non ti aspetti, l’impulso che esige il sogno e si fa racconto.

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Che ricordi ha dell’Abruzzo?
Non abbiamo suonato molto spesso qui. Ricordo una volta a Popoli, a due passi dal parco della Majella. Mi affascinarono molto le storie di queste terre, a partire dalla presenza degli orsi.

Suonerà nel centro storico di una città ancora ferita dal terremoto. Che idea si è fatto di quanto successo 8 anni fa e della ricostruzione post-sisma?
Non ho mai potuto vederlo di persona, ma attraverso il racconto dei media ho percepito l’impatto devastante di questa tragedia. Così come delle vicende tristi di gente che ha riso e poi speculato, o tutte e due le cose insieme. Molti miei colleghi si sono mobilitati in prima linea e mi ha fatto piacere constatare quanto la musica può fare nel tenere alti i riflettori e nell’aiutare a trovare risorse.

di Fabio Iuliano – fonte: il Centro