1 Gennaio 2017 Condividi

Lavorare all’estero, spingersi oltre il reef

In questi giorni, è nelle sale il film di animazione Oceania: parla di una ragazzina che affronta il mare con una barca che la sua gente aveva sotterrato per paura di andare oltre il reef e cimentarsi con le onde e i pericoli dell’Oceano.  Nel raccogliere per il Centro le storie di Isabella, Sara, Ubaldo e ancora Sara, giovani della nostra terra che hanno scelto altrove il proprio futuro professionale, ho pensato a questo cartone. A volte, si è obbligati da necessità esterne a superare la barriera corallina, altre volte si sceglie semplicemente di dare una svolta.

isabella-valeriBERLINO. I ricci di Isabella Valeri spuntano tra la stele del monumento alla memoria delle vittime dell’Olocausto, eretto a due passi dalla porta di Brandeburgo. Passando tra una colonna di cemento si avverte quel senso di smarrimento che si ha quando si viene strappati dalla propria terra, da pericoli, costruzioni o da circostanze avverse. Quella di Isabella no. La sua è stata la scelta libera di proseguire gli studi di post-dottorato in Germania, accettando una borsa di studio alla Humboldt Universitaet di Berlino. Perché se c’è un aspetto affascinante della carriera universitaria – tra tanti sacrifici e incertezze – è quello di poter aprire e chiudere parentesi all’estero, andando a studiare e lavorare in contesti di scambio globale. «Berlino è anche questo», sottolinea, «la città dell’accoglienza, la città delle diversità. Un luogo segnato dalla storia e dalle storie dei suoi tanti protagonisti». Ventotto anni, appassionata di musica, Isabella si è laureata in Filologia classica all’università dell’Aquila e qui proseguirà il suo percorso di studi grazie a un assegno di ricerca. Il dottorato, però, l’ha fatto alla “Carlo Bo” di Urbino. «Conosco bene la zona dell’attentato del 19 dicembre», spiega, «e il fatto mi ha colpito non solo perché Fabrizia Di Lorenzo aveva più o meno la mia stessa età, ma perché un mio amico lavorava proprio in una di quelle bancarelle e si è visto sfrecciare il camion davanti». Ma il racconto della giovane ricercatrice non cede alla paura del momento. «Ho il cuore a Berlino e sono pronta a tornare in qualsiasi momento. È una città che mi ha dato tanto, come l’esperienza nell’ateneo tedesco, con dinamiche del tutto nuove rispetto alle nostre».


sara-di-pietrantionioLONDRA. Dopo l’esperienza alla Wolverhampton University, Sara Di Pietrantonio era diventata un punto di riferimento per gli studenti Erasmus all’Aquila. Una volta in Italia, aveva fondato e coordinato l’associazione Aquilasmus che costituisce un punto di riferimento sia per gli studenti che tornano da un’esperienza all’estero, sia per i giovani stranieri ospiti temporaneamente dell’ateneo del capoluogo. La sua Avezzano le è sempre stata stretta, in termini di opportunità lavorative, specie per una come lei che nel corso degli anni ha maturato esperienze internazionali, studiando e lavorando anche in Canada. Così qualche tempo fa, Sara, oggi 32enne, ha colto l’occasione di tornare a lavorare all’estero in un team di comunicazione e immagine. «Una piattaforma dinamica e in continua evoluzione», sottolinea, «che prima si chiamava Ebuzzing e poi è diventata Teads. Propone e sviluppa campagne pubblicitarie principalmente sul web per conto di brand importanti a livello mondiale». La base è a Londra. Qui ha conosciuto il suo Salvatore, un romano originario della Sicilia: «Inutile negare che qui, a livello professionale, è tutto più facile. Nel giro di pochissimo tempo ho avuto due promozioni e ho buone possibilità di migliorare ulteriormente la mia posizione in organico. Non sono del tutto contraria alle parole del ministro Poletti, nel senso che non è vero che tutti gli italiani emigrati all’estero rappresentano cervelli in fuga e le professionalità rimaste sono inferiori. Però alcuni contesti internazionali favoriscono la meritocrazia». Per il resto c’è la rinnovata passione per lo sport: Sara ha corso da poco la sua prima maratona, ad Atene, con un ottimo tempo.

ubaldo-tiberiSTOCCOLMA. Le sue chitarre lo seguono ovunque, anzi la Svezia è un buon posto dove acquistarne di nuove, con tutti quei festival rock a scaldare le fredde e lunghe notti di inverno. Ubaldo Tiberi, originario di Avezzano, vive all’estero ormai da circa sette anni. Ingegnere, esperto in automazione, è arrivato a Stoccolma con un progetto di scambio coordinato dall’università dell’Aquila. «Mi sono reso conto che qui in Svezia avrei avuto condizioni lavorative favorevoli e mi sono guardato intorno, dentro e fuori l’ateneo ospitante», racconta Ubaldo, oggi 37enne. Nonostante le barriere linguistiche, non ci ha messo molto a trovare un primo impiego al di fuori dai confini accademici. «Poi è arrivata l’occasione di lavorare alla Volvo Trucks, azienda specializzata in camion e tir ma ho dovuto fare le valigie per Goteborg, dove vivo attualmente». Vivere in Svezia costituisce un’esperienza stimolante. «Parliamo di una società accogliente, innovativa ed aperta anche se i recenti sviluppi delle politiche migratorie hanno favorito l’ascesa al governo di partiti più conservatori». Del resto, e le statistiche lo dimostrano, le grandi città svedesi accolgono grandi percentuali di rifugiati (e migranti in generale). L’Islam è la minoranza religiosa più numerosa e il confronto culturale è vivo da molti anni. Tuttavia, l’apertura un canale di collegamento come l’avveniristico Øresund – mezzo ponte e mezzo tunnel – tra la Svezia e la Danimarca, ha accelerato i contrasti tra le differenti politiche di gestione dei flussi migratori tra i due Paesi. «Sono problematiche con cui conviviamo», conferma Ubaldo, «ma io qui mi sono sempre sentito a casa, non ho mai avuto difficoltà a integrarmi».

sara-dalia2TOLOSA. L’aria dei Pirenei, i suoni e i gusti della tradizione occitana, ma anche uno sviluppo metropolitano importante che fanno di Tolosa la quarta città più popolosa della Francia. È lì che Sara D’Alia ha scelto di andare ad abitare, spostandosi da uno stabilimento all’altro della Thales Alenia. Ingegnere, originaria di Rocca di Mezzo, a 37 anni ha deciso di dare una svolta alla sua vita prendendo questo treno al volo. «Non sono una ventenne in cerca di fortuna all’estero», sottolinea, «avevo il lavoro anche in Italia e le condizioni economiche sono pressoché simili, fermo restando che lì l’azienda si fa carico dell’affitto del mio alloggio. Per me, però, era importante fare questa esperienza di vita». Magari mettendo tutto in discussione, chiudendo sogni e aspettative in una valigia e…. si parte. Sara è arrivata a Tolosa a fine estate e ci ha messo poco ad ambientarsi. «Altro che cliché, altro che luoghi comuni sui francesi», spiega, «qui mi hanno fatto sentire subito a mio agio. Si lavora in un “melting pot” con professionisti che arrivano da tanti Paesi diversi». E, praticamente ovunque, la percezione di vivere in una città sicura, anche se si ha a che fare con un contesto urbano in rapida evoluzione e qualche difficoltà esiste. «Qui esistono dei protocolli di sicurezza digitale che proteggono tutti i luoghi e gli edifici definiti a rischio. Molte aree esposte sono protette da barriere e spesso, prima di entrare in alcune strutture, si viene perquisiti, anche a ridosso dei mercatini di Natale. Certo, criminalità e microcriminalità possono costituire un problema, ma la Francia sta investendo miliardi in sicurezza e questo rappresenta una risposta ai tragici episodi che hanno segnato la storia recente di questa nazione».

di Fabio Iuliano – fonte il Centro