“Un trapianto di rene per tornare a vivere”
3 Gennaio 2016 Condividi

“Un trapianto di rene per tornare a vivere”

Quattro ore al giorno attaccati a una macchina. Un giorno sì e un giorno no. «Tutti i dializzati vanno di sicuro in Paradiso, perché la loro parte di Inferno l’hanno già avuta qui». E Maurizio Videtta non parla per sentito dire. Dal 2008, da quando gli è stata diagnosticata insufficienza renale, ha passato anni particolarmente difficili. Una simbiosi con l’emodialisi che non si è fermata neanche col terremoto: la mattina del sei aprile, nel giorno più difficile per L’Aquila, è stato costretto a raggiungere in tutta fretta l’ospedale di Atri per proseguire la terapia, tralasciando la conta dei danni a casa e al ristorante. «Ho vissuto momenti in cui ti viene voglia di dire basta», racconta, «quando col sisma perdi in un solo colpo tutto quello che hai e non hai neanche la salute per guardare avanti, se non avessi avuto i miei familiari vicino me la sarei vista brutta».

Circostanze che possono togliere il sorriso anche a uno come lui che ha sempre saputo scherzare su tutto e su tutti. Per chi non lo sapesse, è uno degli autori dei leggendari scherzi a Mario Magnotta, insieme ad Antonello De Dominicis. Da sempre compagni di merenda, oggi gestiscono insieme il ristorante “Le Antiche mura”. Quello stesso ristorante rimasto chiuso per due anni dopo il sisma, così come la casa di Maurizio del resto. «Mi sarei scoraggiato», spiega, «ma ho sempre avuto al mio fianco mia moglie Daniela che mi ha sostenuto per tutto il tempo. Posso dire un grazie anche a mio cugino Beniamino che mi ha sempre teso una mano, nei momenti di difficoltà».

Oggi le cose sono ben diverse. Dopo il trapianto si torna a vivere. Un vero e proprio “miracolo programmato”. Sì perché da quando a un paziente viene diagnosticata un’insufficienza renale, accanto alla dialisi, si predispone l’iter per entrare nella lista dei trapianti. E all’Aquila c’è uno dei centri di eccellenza per i reni, guidato dal professor Antonio Famulari. «Sono stati i miei angeli custodi», rimarca, «puoi chiamare questi dottori in qualsiasi momento. Mi hanno accompagnato e sostenuto in ogni passaggio. L’équipe del professor Famulari è stata una seconda famiglia per me. Stessa cosa posso dire per i medici e gli infermieri che lavorano al reparto dialisi. Una professionalità e un’umanità importante da parte di tutti».

Videtta ci tiene a ringraziare anche il professor Francesco Pisani, anche lui alla guida del centro trapianti. Quando c’è una donazione, il centro dell’Aquila attiva una procedura collettiva capace di condurre anche un doppio trapianto in simultanea.
Così è andata due anni fa. «Ero a Silvi, all’inizio di maggio 2014», ricorda, «e mi è arrivata la chiamata. Sono tornato all’Aquila in tutta fretta informato dal fatto che il reparto aveva ricevuto l’ok sugli accertamenti di legge necessari per procedere al prelievo di organi da un donatore. Nel pomeriggio sono stato sottoposto a dialisi per affrontare l’operazione al meglio». Contemporaneamente, sono stati compiuti tutti i delicati passaggi che preludono al prelievo di organi: idoneità del donatore (mancanza di malattie ecc…), adeguato gruppo sanguigno, verifica della compatibilità genetica tra donatore e destinatario dell’organo, eseguita dal laboratorio di tipizzazione tissutale dell’Aquila. Tutte operazioni che devono essere effettuate velocemente e senza sbagliare perché i tempi di esecuzione dei trapianti sono rigorosi e vanno compiuti entro un certo numero di ore. «Io ho ricevuto un rene e un giovane ne ha ricevuto un altro», aggiunge. «Da allora la mia vita è cambiata. Spero che la mia esperienza sia da stimolo a molte persone a donare gli organi». Dalla morte può rinascere una vita.

di Fabio Iuliano – fonte il Centro