9 Maggio 2015 Condividi

Schiavi perché clandestini: così nasce il caso Fucino

PIETRO GUIDA - Fucino

Gli invisibili delle campagne del Fucino non hanno nome e per questo spesso non possono essere aiutati. È questo ciò che è emerso dalla tavola rotonda “Lavoro dignitoso per un’agricoltura di eccellenza” organizzata nell’ambito della due giorni della Flai-Cgil.

All’incontro, al quale hanno preso parte numerosi braccianti, gli esponenti del mondo sindacale e degli istituti di previdenza hanno evidenziato come il fenomeno del caporalato è particolarmente accentuato nel Fucino perché ci sono diversi immigrati non in regola con il permesso di soggiorno che di conseguenza non possono denunciare. Gianni Di Cesare, della Cgil Abruzzo, ha sottolineato come la presenza del sindacato è fondamentale in questi casi per spronare i giovani lavoratori a denunciare. Secondo i dati dell’osservatorio Placido Rizzotto, infatti, una buona parte dei braccianti del Fucino guadagnano in media 2euro e 50 l’ora e lavorano fino a 14 ore al giorno.

«Quando venni nominato prefetto di Siracusa fui costretto ad affrontare lo stesso problema che c’è qui nella Marsica», ha precisato il prefetto Francesco Alecci, «e oggi questo fenomeno è ancora evidente. L’agricoltura e l’attività che tutt’ora si svolge in quella provincia portava a una non adeguata tutela dei lavoratori, proprio come accade oggi qui. Soltanto un lavoro dignitoso può essere in grado di produrre un risultato eccellente in qualsiasi settore si trova».

Secondo quanto riscontrato dalla Flai ci sarebbero attualmente 9.500 braccianti a rischio “schiavitù” nel Fucino. «Come istituto nazionale registriamo solo gli infortuni che ci vengono denunciati e sono quasi sempre persone assicurate», ha commentato Nicola Negri, direttore generale Inail Abruzzo, «i lavoratori invisibili spesso non denunciano perché non sono regolari. L’Inail ha emesso dei finanziamenti per l’adeguamento delle cabine dei trattori, su 5mila domande ben 1.200 arrivano dall’Abruzzo».

PIETRO GUIDA - convegno cgil

Che la mancata regolarità di molti lavoratori sia alla base anche della mancata denuncia è convinto anche Roberto Bafundi, direttore generale dell’Inps Abruzzo secondo il quale «nel Fucino ci sono dei casi di agricoltori che lavorano e hanno dipendenti, irregolari, senza neanche avere un campo di proprietà. L’attività ispettiva nella Marsica è stata molto intensa e ci siamo resi conto che ci sono molte truffe difficili da scoprire».

L’incontro, moderato dal giornalista Fabio Iuliano, ha concluso la due giorni organizzata dalla Flai contro il caporalato. Hanno preso parte ai lavori anche i rappresentanti delle associazioni di categoria, Confagricoltura, Coldiretti e Cia, in quali hanno evidenziato come nel Fucino ci sono anche molte aziende che operano nella legalità.

di Eleonora Berardinetti – fonte il Centro